mercoledì 4 settembre 2013

Chi ha ucciso il Liceo classico?

Cari iscritti e simpatizzanti Giscel,
vorrei invitarvi a riflettere su un articolo Chi ha ucciso il liceo classico? Parla Scotto di Luzio. di Roberto I. Zanini, Avvenire, p. 19. presentato ieri mattina, 3 settembre 2013, nella rassegna di Radio3 delle pagine culturali dei quotidiani e sulle idee che il libro di cui si parla -contiene. Non ve le riassumo: le possibilità aperte dalla rete e dai podcast sono immense: perché non provare a sfruttarle? L’intera puntata si può scaricare all’indirizzo di radio.rai.it/radio3 oppure cliccando direttamente sul link PAGINA 3 del 03/09/2013 - PUNTATA COMPLETA "Paul Auster contro la guerra, la fine del Liceo Classico, la Controcultura e Berselli ancora in Rete". Se non volete riascoltare tutta la puntata, potete saltare direttamente al minuto 12,20. Per saperne di più sull’autore de “La scuola che vorrei”, Scotto Di Luzio, vi mando anche il link al suo curriculum vitae.
Devo confessare che le tesi del Di Luzio mi hanno colpito e ne vorrei parlare con voi. Mi piacerebbe infatti sapere che cosa si pensa oggi nel Giscel (e non solo) dell’opposizione istruzione-educazione, della ‘ scuola critica’ (il cui modello era il liceo classico) e del ruolo dell’istituzione scuola proposto dall’autore.
In particolare vorrei sollecitare l’opinione sia di chi nel classico ha insegnato e ora si muove, nella formazione degli insegnanti, su terreni più ampi dello storicismi o dei metodi di insegnamento linguistico tradizionale (penso per esempio per la letteratura italiana ad Anna Maria Bufo o per le lingue classiche a Gianni Sega), sia di coloro che come Adriano Colombo lavorano per dare cultura letteraria e critica anche a chi non è destinato a frequentare il liceo classico…
A presto
Cettina Solarino

sabato 16 marzo 2013

Regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione

All’indomani dell’approvazione del Regolamento sul Sistema Nazionale di Valutazione delle scuole pubbliche e delle istituzioni formative accreditate dalle Regioni (Consiglio dei Ministri 8 marzo 2013) il Segretario nazionale pone alcune 'domande in libertà'.

Quanti ricordano l’ultimo atto del Governo Berlusconi a proposito della valutazione del sistema scolastico? L’annuncio nella Lettera di intenti del Governo all’Unione Europea (26-11-2011) di definire per l’anno scolastico 2012-13 un programma di ristrutturazione per le scuole “con risultati insoddisfacenti” sulla base delle prove INVALSI fece molto discutere. “L'accountability delle singole scuole verrà accresciuta (sulla base delle prove INVALSI), definendo per l'anno scolastico 2012-13 un programma di ristrutturazione per quelle con risultati insoddisfacenti”. L’affermazione citata è stata alla base del dibattito. Da essa sono scaturite una serie di domande che hanno messo a fuoco problemi di vario tipo: è possibile pensare che i risultati di una scuola siano valutati sulla base di una prova di comprensione del testo scritto, di qualche item di grammatica e di una prova di matematica? Si può rendere conto dei risultati conseguiti da una scuola a chi vi è interessato facendo riferimento alla valutazione degli apprendimenti (meglio di alcuni apprendimenti)? È pensabile fare coincidere le prestazioni degli alunni di una scuola con la qualità dell’istruzione da essa impartita? Non è necessario forse che le rilevazioni siano di sistema e forniscano quindi informazioni più complete e dettagliate sulle singole istituzioni? Insomma, l’annuncio nella sua formulazione, oltre a mettere a nudo una scarsa dimestichezza con gli aspetti docimologici e valutativi elementari, portava allo scoperto alcuni punti nevralgici mai seriamente affrontati: la marginalità delle scuole dal dibattito sulla valutazione e la superficialità con la quale si affronta in ambiti non scolastici il dibattito sulla valutazione di sistema.

Non meno singolare è quanto accade in questi ultimi giorni. Il Consiglio dei ministri (presidenza Monti) l’8 marzo 2013 ha approvato il Regolamento che istituisce e disciplina il Sistema Nazionale di Valutazione delle scuole pubbliche e delle istituzioni formative accreditate dalle Regioni. L’iter è durato otto mesi, ma l’approvazione è avvenuta come ultimo atto di un governo dimissionario che ha un solo intento: rispondere agli impegni assunti nel 2011 dall’Italia con l’Unione europea, in vista della programmazione dei fondi strutturali 2014/2020. Anche in questo caso le domande non mancano: quali risorse assegna il Regolamento all’INVALSI? Si può auspicare che la semplice attribuzione di funzioni permetta all’Istituto nazionale di valutazione di assolvere ai compiti e alle azioni molto impegnativi che ne derivano? Basterà istituire un nuovo ambiente di apprendimento nel quale saranno disponibili strumenti di valutazioni e dispense riassuntive per accrescere la cultura della valutazione nelle scuole e per supportare le scuole nei piani di miglioramento? Su quali riflessioni teoriche ed esperienze concrete e significative si baserà la messa a punto dei piani di miglioramenti previsti dal Regolamento? È sensato ritenere che un’iniziativa realizzata in via sperimentale (progetto sperimentale Vales) in 1300 istituzioni scolastiche possa essere estesa a tutte le scuole presenti sul territorio nazionale?

Nell’arco di un triennio gli ultimi atti dei Governi dimissionari, a prescindere dell’orientamento politico, si sono dedicati a un tema sensibile e delicato come quella della valutazione del sistema scolastico nei ritagli di tempo e in condizione di grande urgenza. Non è una osservazione di natura ideologica, ma oggettiva. Con l’approvazione del Regolamento si dà il via a un intervento normativo, dalla cui attuazione non derivano nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, si completa il processo di decentramento dell’Amministrazione a favore delle autonomie scolastiche. Non si può fare a meno di chiudere con una serie di nuove domande: le Istituzioni scolastiche che agiscono sul territorio nazionale avranno uno strumento di validazione del loro operato, ma chi metterà mano ad un serio intervento normativo per dotare le Istituzioni scolastiche di uno strumento di validazione delle azioni compiute dal Governo e dal Parlamento a proposito del sistema educativo nazionale? È un’utopia sperare di disporre di un sistema di rendicontazione sociale sugli interventi messi in atto (o disattesi) dai Governi per sostenere la scuola italiana?  Quali interventi efficaci e concreti sono stati (e saranno) messi a punto dagli organi istituzionali per ridurre il divario più volte segnalato da indagini nazionali e internazionale fra il Nord e il Sud?

Maria Antonietta Marchese