venerdì 7 novembre 2008

Sulla legge 169/2008

L'articolo 4 del testo di conversione in legge del decreto 137/2008 prevede che le istituzioni scolastiche della scuola primaria «costituiscano classi affidate ad un unico insegnante e funzionanti con orario di ventiquattro ore settimanale».
Siamo sicuri che la scuola italiana abbia bisogno proprio di questo?
Non c'è il rischio che la 'razionalizzazione' porti a riduzioni di orario anche negli altri ordini di scuola?
Nel documento sul DL 112 (luglio 2008) le Associazioni aderenti al Forum delle Associazioni disciplinari della scuola avevano già espresso preoccupazione rispetto a molte delle norme contenute in quel decreto «che si configurano come un attentato gravissimo al sistema pubblico dell’Istruzione e dell’Università».
Che sarà dell'istruzione nel nostro Paese?

venerdì 27 giugno 2008

Educazione e integrazione

“Non possiamo rimanere in silenzio. Vogliamo assumerci anche noi, qui, le nostre responsabilità: con l’osservazione critica dei comportamenti sociali; con la denuncia delle responsabilità istituzionali; con l’impegno progettuale e quotidiano negli ambiti di lavoro e di relazione sociale.

Nella speranza che, anche a partire dalla scuola, siano i bambini e i ragazzi a diffondere in famiglia e nella società semi di educazione civica e interculturale.”

Rileggo l’ultimo passaggio e l’appello a non rimanere in silenzio del Giscel Sardegna. La scuola è chiamata in causa e da insegnante ripercorro la normativa in materia.

Due le circolari del MPI che attirano la mia attenzione: la 301/1989 e la 205/1990 riguardanti l’inserimento degli alunni stranieri nella scuola dell’obbligo. La seconda introduce una figura importante, il “mediatore culturale”.

Nel 1998 arriva la legge sull’immigrazione detta “Turco-Napolitano”, pur non riferendosi solo alla scuola l’art 40 autorizza le Regioni, le Provincie e i Comuni a stipulare convenzioni per l’impiego nelle proprie strutture di stranieri (titolari di permesso di soggiorno) in qualità di “mediatori culturali”. L’anno successivo, nel regolamento di attuazione della stessa legge troviamo un cenno specifico per l’istruzione scolastica all’art. 45, dove si prospettano intese con gli enti locali. Viene menzionata la figura del “mediatore scolastico” che sembra sostituire il termine “mediatore culturale” diventato purtroppo fonte di un’ambiguità che andrà accentuandosi col tempo.

È del 2000 la direttiva del MPI n. 202, in cui non solo si prospetta l’integrazione degli alunni stranieri ma si prevedono azioni di accompagnamento per le scuole inserite in territori a forte processo immigratorio tra cui corsi di italiano L2 e la figura del “mediatore linguistico”, non più “culturale” o “scolastico” ma “linguistico”. Anche se merita grande attenzione non ritengo sia questo il luogo opportuno per discutere sulla figura del mediatore linguistico e culturale nella scuola, già al centro di un vivace dibattito. Vorrei però sottolineare che la sua esistenza testimonia la volontà di agire nel senso della conoscenza, accettazione e rispetto consapevole delle altre culture.

Più recenti la Circolare del MIUR (n. 24 del 01/03/06) “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri” e il “Documento generale di indirizzo per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale” del dicembre 2006.

Per finire le recenti “Indicazioni per il curricolo” dove in riferimento ai bambini (p.36) leggo: “Attraverso la conoscenza e la consapevolezza della lingua materna e di altre lingue consolidano l’identità personale e culturale e si aprono verso altre culture”. Quindi non solo mezzi e strumenti nuovi e esterni alla scuola ma viene chiamata in causa la stessa educazione linguistica che deve concorrere all’integrazione e alla reciproca accettazione e rispetto dell’altro. Tra le righe si legge l’esigenza di mettere a punto un programma di educazione linguistica all’interno di ciascuna materia. L’apprendimento linguistico è prima di tutto un’esperienza sociale che coinvolge delicati aspetti dell’identità personale, del rispetto degli altri e della percezione di se stessi oltre che, naturalmente, del rapporto con la propria cultura.

Per concludere in teoria abbiamo tutti gli strumenti legislativi e metodologici e le risorse umane per procedere nella direzione dell’integrazione ma, a giudicare dai risultati, i buoni propositi, i decreti, gli strumenti e le risorse messe in atto in questi ultimi dieci anni non hanno prodotto risultati (o ne hanno prodotto pochissimi). Perché?